mercoledì 30 gennaio 2013

Tutto comincia dall'acqua, anche al cinema: la giornata in piscina vista da GianPaolo Improta


Un caldo afoso, umido come il monsone estivo, mi stringe in una morsa gentile, ma ferma. L’ambiente è tranquillo, forse perché il clima mitiga le spigolosità caratteriali a favore della spossatezza e del fiato corto, ma tutti si danno da fare animatamente. Sono sul set della prima giornata di riprese, la piscina Ariete.
“Devo aspettare che l’obiettivo si adatti all’umidità”, sento dire dal fondo della lunga sala, mentre un denso fumo si alza dall’acqua.

Mentre osservo i fasci di luce artificiale che passano dalla finestra mi ritrovo a pensare che è bello che tutto cominci da qui, dall’acqua. È qui che i personaggi si incontrano la prima volta, qui che nasce l’embrione delle loro gesta. Allo stesso modo in cui venne alla luce la vita, milioni di anni fa. Acqua calda e odorosa di zolfo, che culla i pensieri e porta avanti la gestazione degli eventi. Le corsie sono ancora al loro posto, ma presto verranno tolte per far posto al movimento degli attori. Ho visto Peppe Lanzetta e Gaetano Di Vaio in costume, stanno per buttarsi in acqua per provare la scena. Gli altri attori (Salvatore Ruocco, Carmine Paternoster, Salvatore Striano) sono ancora negli spogliatoi. Ci sono anche dei bambini sul lato opposto della vasca: dodici costumini colorati, cuffie e genitori fieri a proteggerli dal freddo dello spogliatoio.

“Questa è una piscina, non ha niente di politico”, mi racconta Salvatore, il titolare. “Siamo nati come per scommessa, senza soldi e senza finanziamenti, qui si fa solo sport, e ci piace così”, continua a raccontarmi, mentre mi porta a vedere le stanze del piano superiore adibite a “circolo di artisti”, come dice lui. Gli oggetti si accatastano sulle pareti e sugli scaffali, “c’è un cinquantennio di vecchi oggetti qui”, il sogno di ogni rigattiere. “Si gira!”, l’urlo della troupe mi riporta di sotto, dove l’equilibrio di luce ed ombra, fumo ed acqua è diventato perfettamente armonico. Gli attori sono pronti, le comparse e gli oggetti di scena disposti sul set. Fa ancora un caldo soffocante, l’aria è ancora densa di umidità, ma adesso si respira anche qualcosa di nuovo: la magia del cinema comincia con uno scroscio d’acqua, una muta da sub, Di Vaio che si tuffa. Vediamo per quanto tempo riusciremo a trattenere il fiato... 




martedì 29 gennaio 2013

Il primo giorno di riprese: il reportage di Giorgio Caruso


C’è chi dice che non si dovrebbe andare a vedere il set di un film perché si perde tutta la magia del cinema. Un po’ come entrare nella cucina di un ristorante dovrebbe farti passare la fame. E, invece, al primo giorno di riprese di Take Five si ha subito la sensazione di quanto sia l’esatto opposto. Assistere alla creazione del film direttamente dal set è come guardare un pittore che passa il pennello sulla tela che diventerà il suo quadro. Nel nostro caso il colore predominante del quadro è l’azzurro. Azzurro come l’acqua della piscina. Già, perché la scena che si prepara è la numero uno secondo la sceneggiatura. L’incontro dei cinque.
Non appena raggiungo il set, la prima parola che mi viene in mente è calma. Per chi si aspetta un Guido Lombardi che cammina nervoso lungo i bordi pensando e ripensando, masticando nervosamente una sigaretta e seguito dal suo immancabile aiuto Sergio Panariello, rimarrà deluso. Anzi, tutto è abbastanza disteso mentre si monta il crane per la prima inquadratura e gli attori si preparano negli spogliatoi nelle sapienti mani di Francesca Balzano e Mary Samele, rispettivamente costumista e truccatrice.
La scena in programma oggi non è tra quelle più facili soprattutto perché ci sono di mezzo delle riprese subacquee, tanto belle quanto una rogna da girare. Per questo la trepidazione è un crescendo, in attesa di immergere la Red Epic. Quando finalmente la camera è pronta e agganciata al cosiddetto crane, cioè alla gru, Gennaro Visciano, aiuto fotografia, e Paolo Romaniello, macchinista, stoicamente si tuffano in piscina, seguiti poco dopo da Pompeo Bergamasco, l’operatore subacqueo. L’obiettivo della macchina da presa viene portato sotto il velo dell’acqua. Le immagini arrivano al monitor di regia. Un silenzio meravigliato le osserva.
“Che figata, dice qualcuno rapito.
Ma i sorrisi a trentadue denti di Guido e Francesca Amitrano, direttore della fotografia, dicono più di qualunque espressione. Si può girare.  
Tocca a Gaetano Di Vaio. Esce dallo spogliatoio con tanto di costume a pantaloncino, cuffietta sulla testa e occhi vispi e furbi. Mentre il reparto fotografia fa le ultime correzioni alla macchina da presa, l’organizzatore della rapina inizia le sue prove d’immersione. Ciò che non sapevo è che Gaetano non è esattamente un provetto nuotatore. Anzi. E la scena prevede che stia un bel po’ sott’acqua.
“Tranquilli! M’aggio fumat’ dieci sigarette da stamattina per allenarmi”, rasserena con un sorriso sornione.
Dieci, proprio come i secondi che resiste immerso prima di riemergere boccheggiando. Ma già dopo il quarto, quinto tentativo, Gaetano ci sorprende mostrando una notevole capacità nel trattenere il fiato.
Mentre vengono istruiti i numerosi bambini che fanno da comparse, è il momento di Peppe Lanzetta, o’ Sciomen, d’entrare in acqua. Già solo nel guardarlo camminare sul set si capisce che ormai è un tutt’uno con il suo personaggio, con quel mento alzato e lo sguardo di chi la sa lunga. Uno spettacolo di recitazione soltanto a vederlo. Secondo da sceneggiatura dovrebbe fare un tuffo a “cufaniello”, ma forse il pavimento è sdrucciolevole, o forse il passo non è poi così deciso, ma ciò che ne esce fuori è ben lontano dal sembrare un tuffo.
Chi sfoggia un’ottima tenuta atletica è Salvatore Ruocco. Fisico tirato a lucido per vestire i panni del boxer, Salvatore si fa mezza vasca sott’acqua seguendo le indicazioni di Guido. I ciak non sono pochi, ma lui, da buon stacanovista del set, non dà segni di fatica.
Anche Carmine Paternoster ha una sua entrata particolare in acqua. Avendo un braccio fasciato in un tutore coperto da una busta di plastica, come vuole il copione, si lascia scivolare lentamente in piscina procedendo con cautela e timoroso, proprio come il suo personaggio.
Manca soltanto uno all’appello.È Salvatore Striano. Ma lui, da sceneggiatura, è schifiltoso perché convinto che in acqua i bambini svuotino la vescica. Se ne sta a bordo piscina a parlare con i suoi compari di rapina, con tanto di vistosa cicatrice sul petto, opera del reparto trucco.
Ed eccoli lì, tutti insieme mentre Guido si appresta a girare il totale. I cinque protagonisti della storia. Già solo a vederli così, mezzi nudi, in acqua, stanchi dopo una giornata intensa di riprese, gli occhi arrossati dal cloro, si capisce che insieme sono qualcosa di stupefacente, pronti a realizzare un film che lascerà il segno.
Adesso però scusatemi, vorrei continuare a raccontare ma devo andare sul set a vedere come Guido continua a dipingere il suo film. A presto!
Ciak, si gira!
Guido Lombardi controlla una scena sul monitor
A destra Peppe Lanzetta; a sinistra Salvatore Ruocco, Gaetano di Vaio, Salvatore Striano; in acqua Carmine Paternoster
 Si prepara una scena con Gaetano Di Vaio ultimo a destra e il regista Guido Lombardi primo a sinistra


venerdì 25 gennaio 2013

Guido Lombardi talks (5)/ La genesi di Take Five: già so che finirò per dire che è una via di mezzo tra “Le iene” di Tarantino e “Operazione San Gennaro”, passando per “I soliti ignoti”…


Questo raccontino della genesi di Take Five inaugura questo blog dedicato al film. Come il film è un esperimento con il suo mix di generi (e già so che alle interviste finirò per dire che è una via di mezzo tra Le iene di Tarantino e Operazione San Gennaro, passando per I soliti ignoti), assieme alla produzione abbiamo pensato di fare un esperimento “cross-mediale”, come si usa dire di questi tempi. Abbiamo cioè pensato d’invitare un giovane scrittore e sceneggiatore, Giorgio Caruso, a stare con noi della troupe sul set di Take Five. Conosco Giorgio da un po’ ed insieme abbiamo scritto una sceneggiatura di quelle parcheggiate nel cassetto dal titolo “La Scissione”. Sarà perché ha un brutto titolo, ma Abel non se l’è filata proprio questa volta. Che sia un buon segno? 
Tornando a noi, sarà Giorgio a raccontarvi, giorno per giorno, quello che accade dietro le quinte di questo delirio di rapinatori, camorristi e prostitute d’alto bordo. Abbiamo scelto un amico, così siamo sicuri di fare bella figura. Almeno spero. Detto questo, cedo la penna a Giorgio, che già martedì  prossimo vi racconterà la nostra prima giornata di riprese.   
Ma noi ci incontreremo via via, farò altre incursioni in questo blog, forse spesso... naturalmente risponderò appena possibile ai vostri commenti. In attesa di vederci  tutti al cinema con Take Five!

Guido Lombardi talks (4)/ La genesi di Take Five: Gaetano Di Vaio e Abel Ferrara…

Mancava la ciliegina sulla torta:
- Gaeta’, scusa, ma perché quello che organizza la rapina non lo fai tu?
- Io?!
- Eh, tu… scusa è quello che fai dalla mattina alla sera, mettere assieme le persone per abbuscare una cosa di soldi. 
Avevamo i nostri 5 rapinatori.
Quella sera me ne tornai a casa tutto contento e Gaetano prese il traghetto per Capri, dove era stato invitato ad un festival.
Alle due di notte mi chiama Gaetano tutto gasato:
- Sient’ Guido, sto qua al festival con Abel Ferrara, c’aggio parlato di questo film della rapina, ha detto che lo vuole fare.
- Gaeta’ scusa, ma che ci hai raccontato?!
- E ci ho detto che tenimm’ ‘sta storia che è ‘na bomba, ‘na rapina in banca. Iss ha detto che proprio mò stavo pensando di fare un gangster movie.
- Gaeta’, ma qua a parte i rapinatori nun tenimm’ nient’…
- In che senso?
- Che la storia nun ce sta!
- E vabbuò, e inventati qualcosa tu. Però devi fare presto che questo fra una settimana parte, se ne torna all’America. Mò ti devo salutare, cià, cià.
- E che ti devo dire, salutami ad Abel.
- Eh, te lo saluto, cià, m’arraccumann’, scrivi ‘na bella storia, cià.
Tu…tu…tu…

E mo'???
Che potevo fare, mi sono messo subito a scrivere. “Sceneggiatore di un film di Abel Ferrara” era un’occasione da non perdere. Nel giro di qualche giorno ho buttato giù la prima versione del soggetto. Mi sono inventato tutti gli altri personaggi, e soprattutto il meccanismo che li tiene inchiodati per buona parte del film in quell’unico ambiente di cui dicevo prima. In quei giorni Sasà Striano, che avevo cominciato a frequentare per scrivere un altro soggetto dal titolo “Teste Matte”, mi fu di grande aiuto con i suoi consigli. È stato lui infatti a raccontarmi un episodio accaduto in una famosa rapina fatta a Napoli negli anni ’80, quella in cui la banda del buco riuscì a mettere le mani sul Pallone d’Oro di Maradona custodito nelle cassette di sicurezza del Banco di Napoli. Questo episodio, un po’ cambiato, costituisce quello che gli sceneggiatori sono soliti chiamare il “punto di svolta”. Ovviamente non è il caso di dire di che si tratta.
Finite le mie venti pagine di soggetto, Gaetano le fece tradurre di fretta e furia e Abel se le lesse mentre attraversava l’Atlantico per tornare al paese suo.
Responso: la storia gli piaceva, lo divertiva e la voleva fare.
Ricordo bene l’estate passata a scrivere la sceneggiatura. L’appuntamento era per il festival di Venezia, dove mi avevano assicurato che si sarebbe firmato il contratto con Abel e di conseguenza anche quello relativo alla mia sceneggiatura. Perché nel cinema funziona così se non sei nessuno, prima scrivi e poi, se le cose vanno avanti, ti pagano. Quella volta non mi pagarono.
Di Take Five, gangster movie per la regia di Abel, non se ne fece niente. Misi la sceneggiatura nel cassetto, proprio accanto a quella di Là-bas (Educazione criminale) che dormicchiava lì già da un paio d’anni.  
Meno male! Perché nel frattempo ho esordito con Là-bas (prodotto da Gianluca Curti, Gaetano Di Vaio, Dario Formisano, gli stessi che mi produrranno questo nuovo film). Là-bas (Educazione criminale) è stato presentato, in prima mondiale, alla 68. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia / 26. Settimana Internazionale della Critica, dove ha vinto il Leone del Futuro - Premio Opera Prima Luigi De Laurentiis.  
Là-bas ha vinto il Leone del Futuro a Venezia e magicamente anche Take Five è uscita dal cassetto. È tornata da me, per fortuna. In fondo in fondo, anche se era lusinghiero scrivere una sceneggiatura per Abel Ferrara, un po’ mi dispiaceva non esserne il regista. Negli anni l’ho riscritta varie volte, credo che quella che cominceremo a girare lunedì prossimo sia la quinta o sesta versione. Ho cambiato tre finali, ma l’ultimo è quello giusto. I personaggi sono cambiati, persino il carattere dei protagonisti. Ma il titolo, pensato per affascinare il maestro americano, è rimasto lo stesso: TAKE FIVE.

 A Venezia alla consegna del Leone del Futuro - Premio Opera Prima Luigi De Laurentiis

Alberto Barbera consegna l'assegno da Centomila Euro

I produttori Dario Formisano, Gianluca Curti e Gaetano Di Vaio, con Francesca Amitrano, direttore della fotografia

A Roma alla presentazione di Là-bas alla Casa del Cinema